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L'Italie en marche. Massimo d'Azeglio et autres personnalités

Abba e Pratesi a Pisa

Luigi Cattanei
p. 165-171

Résumé

Reduce dalla spedizione dei Mille in Sicilia, G. V. Abba stringe amicizia a Pisa col narratore Mario Pratesi. Il carteggio li stringe attraverso le vicende del Risorgimento italiano e per tutta la vita, proponendo sodalizi numerosi fra i quali spicca quello d’entrambi con Nicolò Tommaseo.

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XIXe
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Texte intégral

Finita la guerra del 1860 se ne andò a stare in Pisa per vaghezza di studi e per vivere coi giovani amici, già compagni d’armi e tornati studenti in quell’Università, gioconda e pensosa. Erano anni di gran vita.

  • 1  Enrico Bottini Massa, G. Cesare Abba, Brescia, Vannini, 1960, p. 9.
  • 2  Emilio Cecchi, Libri nuovi e usati, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1958, p. 243.

1Così scriveva di sé Giuseppe Cesare Abba1. E fra quei giovani che in riva all’Arno formavano l’accesa “Accademia dei frementi” spiccava, amicissimo a lui, Mario Pratesi, destinato a divenire il più assiduo corrispondente del memorialista garibaldino e a dar vita a un carteggio che Emilio Cecchi additò come campo d’indagine opportuno ed eletto agli studiosi2.

  • 3  Paolo Marzolo (1811-1868), padovano, filologo e linguista, tenne nel 1861 a Pisa un corso di stori (...)

2Quasi coetaneo dell’Abba (li separavano soli quattro anni), il Pratesi (1842-1921) era orfano precocissimo di madre, reduce da studi non regolari, fuggito ribelle da un collegio militare e da impieghi che riteneva meschini : frequentava coll’Abba, come uditore, le lezioni del Marzolo e del Bianchetti3 sulle origini della scrittura all’Ateneo pisano, sfogando coll’amico una fonda malinconia, le perplessità discese dall’antica rottura col padre ; li accomunava un radicalismo espresso nelle tumultuose riunioni al Caffè dell’Ussaro o nella trattoria Mastromei, fra intellettuali (come il filosofo Barzellotti, il Thouar, l’Hillebrandt, il Dall’Ongaro) e reduci quali il Sisti, il Pozzi, il Sigmund. Centro di riferimento per quei giovani accesi era la casa del venerando Enrico Mayer, patriota laico, fedele ricercatore di carte foscoliane ; l’Abba era innamorato della figlia di lui, Elisa (“la fanciulla che ebbi e mi rimase nel cuore”), come dice la dedica su un “Dantino” del 1865, Pratesi rivedeva con cura di lingua toscana le prime opere in versi dell’amico : la Canzone in morte di Francesco Nullo e l’Arrigo, in cui il giovane Abba tentava di volgere in poema l’epopea garibaldina, inviandone copia al Tommaseo per un giudizio nel 1864.

  • 4  Dopo una emottisi e un ricovero nel manicomio di Siena, le premure degli amici l’indussero a super (...)

3Le prime pagine del carteggio di Abba e Pratesi sono andate perdute ; restano quelle di Pratesi che accenna con tratti romantici al pianto lungo e dirotto per una temporanea separazione dall’amico ed ai conforti venutigli dal Mayer. I toni accesi o depressi non derivano solo da “spleen”, ma da gravi turbe nervose che, con gravi disturbi polmonari, affliggevano lo scrittore toscano4, trattenuto da quelli nel ’66, allorché l’Abba si arruolava per la campagna della seconda guerra d’indipendenza, dichiarando non senza enfasi :

Mi sembrerebbe bella e divina la vita se potessi arrischiarla e la potessi fidare ai venti, ai fulmini, alle tempeste e provare la voluttà di sublimi pericoli. Invece io sono avvinto come Prometeo e mille avvoltoi tutti neri e rapaci mi rodono il cuore.

4All’amico lontano Pratesi dà notizie dei propri stati d’animo guardando ogni giorno dalla finestra « un vago e mesto volto di donna che cuce » o denunciando di vivere « in una stupida calma, non v’è stato più penoso, più ottuso, più pazzesco di questo. Mi par d’essere un sasso » – mentre attraversa una crisi esistenziale che gli pone interrogativi :

Al terribile Iddio non domando altra cosa se non che Egli voglia rivelare me a me medesimo.

  • 5  Abba scrive il 24 dic. 1867 : « Tu mi parli dell’Elisa e mi fai rabbrividire. Come ? Sarebbe mai v (...)

5La situazione è complicata dalle difficoltà economiche, dalla ricerca d’un’occupazione soddisfacente ; c’è una concomitante abulia sentimentale che gli fa consigliare all’Abba di dimenticare quella « malaugurata fanciulla », giacché tutte le donne somigliano pel Pratesi a serpenti : l’Elisa Mayer gli appare « con quell’aria svizzera, ingentilita dal nostro sole, fredda come il gennaio, ed ha anima incapace di comprendere il bello e quindi di presentire il dolore ». Va detto che in quel tempo Elisa, deceduta la sorella Carolina, parve orientata a contrarre nozze con un diplomatico forse già amato da quella5.

6Il ritorno d’Abba dal fronte, nel settembre 1866, coincide così con un momentaneo identico scoramento dell’amico. È il garibaldino ad essere sfiduciato, « piombato nello sconforto ».

7Egli medita d’abbandonare il paese natio, di trasferirsi in America, non gli è di stimolo la medaglia meritata in guerra ; sopraggiungeranno dolorosi casi familiari, ché la madre malata impedisce all’Abba di partire per la spedizione garibaldina verso Roma nel ’67, di cui lamenterà l’esito :

La novella dell’arresto di Garibaldi mi fu data [...] ora ripiomberemo nell’avvilimento e nella paura del peggio. Sei tu convinto che la monarchia non ha pensato a Roma mai ?

8Pratesi comprende e sintetizza in parole alte lo sconforto dell’amico e la disperazione di lui nei confronti della vita e dell’operato degli uomini ; ma sconsiglia l’andare « a morire sott’altro cielo ». È anzi così franca e colloquiale la corrispondenza fra i due, che Pratesi non esita a sovrapporre le proprie alle altrui pene, lamentando di « dover morire senza aver fatto nulla, dover morire deserti d’ogni affetto e d’ogni speranza ». Sotto l’urger d’una sistemazione e scartato un incarico di docente d’italiano a Savona, egli accetta il compito di segretario del Tommaseo dal gennaio 1867 : ciò gli consente maggiori attenzioni ai fatti letterari, rapporti più alti e nobili, parole di maggior conforto all’amico che, solitario nella natia Cairo e turbato dalle memorie e dal futuro, legge Byron « a inacerbir le sue piaghe », secondo Pratesi che gli consiglia piuttosto Dante e Goethe. Eccolo scrivere a fine agosto del ’67 :

Ho trovato da lavorare presso Niccolò Tommaseo, ma la fatica è grande, il frutto che ne traggo troppo meschino. Il Tommaseo però è un uomo integro, e mi sono di qualche conforto le sue parole spesso affettuose e cordiali. Ebbi il Tommaseo in concetto d’alquanto maligno, ma, conoscendolo da vicino, si fa di quell’uomo giudizio diverso che dagli scatti.
Nel Tommaseo il sentimento dell’arte si è immedesimato nella fede. E l’arte che il Tommaseo è confortato a sentire potentemente è quella cristiana.

9Abba vince le proprie riserve nei confronti del dalmata (per le parole sul Foscolo e per la predilezione montiana) e si rallegra coll’amico per la sistemazione : il garibaldino ha avuto modo di conoscere il Tommaseo nel 1864 e si pregierebbe di sentirne ancora la parola ; ricorda l’occasione della visita, « i molti giri che io feci dal Ponte Vecchio all’Arco dei Tintori, le esitanze piene di venerazione che io provavo prima di osare di salire quella scaletta, di toccare quella porta ».

10Parrebbe conclusa una travagliata fase della vita di Mario Pratesi, ma il destino è in agguato dietro l’angolo : egli si innamora d’una figlia del Tommaseo e la condizione di segretario lo trattiene da un libero manifestarsi dei sentimenti e dei progetti, inasprendolo. Eccolo scrivere ad Abba :

Irritato da certe parole un po’ brusche del Tommaseo, gli ho risposto con insolenza. E più volte m’accade di non frenarmi, e se n’accora il buon vecchio. Non so se avrò il coraggio di risalir le sue scale.

11La situazione precipita, Pratesi palesa infine i suoi sentimenti, forse espone progetti, ma per iscritto ; Tommaseo gli risponde « che avessi compassione di lui e di me stesso : che pensassi che tanti immeritamente soffrivano più di me » ; le lettere all’Abba vedono intrecciarsi ira e mestizia, ché il Tommaseo, cieco, prega di non scrivergli più « non avendo alcuno da cui farsi leggere ». Circa il progetto egli usa termini enigmatici (« se è destinato si farà ») ma non soddisfacenti per l’irruente Pratesi, indotto a ripiegare, a rimproverarsi perplessità e prudenza cui l’inducono gli scrupoli, le ansie, « i centomila fantasmi della coscienza ». È la fine anche di quest’illusione.

  • 6  La fondazione d’una Società Operaia di Mutuo Soccorso, d’una piccola Cassa di Risparmio, qualche a (...)

12Mentre Abba medita finalmente un matrimonio cairese con una cugina a lui cara e si ritira negli impegni borghigiani6, all’amico toscano si offre una nuova opportunità nel Collegio Cicognini di Prato, ove entra come istitutore.

13Sempre turbato, scontento, insofferente egli riceve però il viatico epistolare dell’amico e dello stesso Tommaseo, che raccomanda : « Ella si affezioni a cotesti giovinetti, e benefichi la vita loro, ispirando in essi quel sentimento religioso che può confortare eziandio la sua vita ».

14Parole belle, parole nobili, ove non par traccia delle frizioni passate e si riconosce una superiore comprensione dei turbamenti sofferti dal Pratesi, rivolta a sensi cristiani forse ancora lontani dall’animo dello scrittore di Santa Fiora. Non è privo di rilevanza il loro sostanziale coincidere con l’alto ed entusiastico messaggio che Abba invia all’amico trovando ragioni perché egli sopporti i fastidi e le difficoltà del suo nuovo stato professorale :

Dunque tu sei nel Collegio Cicognini ! Io lo veggo dalla tua lettera. Soffri con quanta puoi allegrezza sul viso tutto ciò che mi dici dei giovinetti che tu hai a custodire. Sono cattivelli, ne convengo, come se li vedessi io stesso, con gli occhi miei, ma che vuoi ? Se mai ti avvenisse di piegare al bene, a qualche magnanimo intento, anche lontano, uno solo di cotesti garzoncelli, qual gioia per te ! Quale orgoglio nobile potrai sentire, dove ti accada un giorno o l’altro, anche se tu sarai vecchio, udir che il tale o il tal altro sarà caduto gloriosamente, perché nel nostro secolo non è dato gloriosamente salire, per una causa giusta, generosa, imperitura ? Tu puoi farti amare e sai ; coll’affetto si penetra nelle anime giovanili, e illuminandone la profondità si giunge a scoprire l’angolo dove si può collocare un buon seme.

15La lettera è d’oltre un secolo fa ; allora l’Abba, che proseguiva citando ricordi suoi di scolaro e il suo mai dimenticato maestro Scolopio Padre Atanasio Canata (citato fin nel capolavoro garibaldino !) era ben lungi dal pensare che un giorno la vita della cattedra sarebbe stata anche la sua, come sarebbe accaduto per Pratesi, professore a Pavia, Viterbo, Terni, Reggio Calabria, Milano, fino a divenir provveditore agli studi a Belluno.

  • 7  Giuseppe Cesare Abba, Epistolario, Brescia, Morcelliana, 1999, vol. I e II (a cura di L. Cattanei (...)

16L’Epistolario di Abba7 ci serba pagine numerose dell’amico, fino al 1910 (cioè alla morte del garibaldino) e fa luce su un rapporto d’anime mai interrotto da vicende, opere, lutti, fortune ; è indubbio che le prime lettere scambiate fra i due, in quella stagione toscana, fra entusiasmi, dolori, disinganni, amori, amarezze costituiscono una testimonianza dell’humus culturale e sentimentale d’un’epoca decisiva per le sorti d’Italia e di due suoi figli, passati dagli abbandoni romantici e dai turbamenti giovanili alla sorte letteraria di memorialista e di romanziere per cui oggi ne cerchiamo ancora le vivide pagine.

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Notes

1  Enrico Bottini Massa, G. Cesare Abba, Brescia, Vannini, 1960, p. 9.

2  Emilio Cecchi, Libri nuovi e usati, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1958, p. 243.

3  Paolo Marzolo (1811-1868), padovano, filologo e linguista, tenne nel 1861 a Pisa un corso di storia naturale delle lingue. Giuseppe Bianchetti (1791-1872) lasciò l’Ateneo padovano per quello pisano. Scrisse sull’« Antologia » fiorentina e fu fra i più illustri maestri della Sapienza pisana.

4  Dopo una emottisi e un ricovero nel manicomio di Siena, le premure degli amici l’indussero a superare la crisi depressiva con un trattamento energico.

5  Abba scrive il 24 dic. 1867 : « Tu mi parli dell’Elisa e mi fai rabbrividire. Come ? Sarebbe mai vero che il materialismo ha invaso le anime delle fanciulle gentili ? »

6  La fondazione d’una Società Operaia di Mutuo Soccorso, d’una piccola Cassa di Risparmio, qualche attività scolastica lo avrebbero preparato, più tardi, alla carica di sindaco.

7  Giuseppe Cesare Abba, Epistolario, Brescia, Morcelliana, 1999, vol. I e II (a cura di L. Cattanei ed E. Costa).

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Pour citer cet article

Référence papier

Luigi Cattanei, « Abba e Pratesi a Pisa »Italies, 6 | 2002, 165-171.

Référence électronique

Luigi Cattanei, « Abba e Pratesi a Pisa »Italies [En ligne], 6 | 2002, mis en ligne le 29 janvier 2010, consulté le 28 mars 2024. URL : http://journals.openedition.org/italies/1574 ; DOI : https://doi.org/10.4000/italies.1574

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Auteur

Luigi Cattanei

Université de Gênes

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Droits d’auteur

CC-BY-NC-ND-4.0

Le texte seul est utilisable sous licence CC BY-NC-ND 4.0. Les autres éléments (illustrations, fichiers annexes importés) sont « Tous droits réservés », sauf mention contraire.

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